Burt Nanus e Warren Bennis, negli anni 80, avevano ideato il modello V.U.C.A. (acronimo di Volatility, Uncertainty, Complexity & Ambiguity) per descrivere un mondo volatile, complesso e incerto. Oggi questo modello sembra più attuale che mai, soprattutto in ambito organizzativo: per poter sopravvivere, le organizzazioni dovranno dimostrarsi più agili e flessibili.

Ma precisamente cosa significa VUCA?

Il termine, come già detto, è l’acronimo di Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity e il concetto è rappresentato in questo modo:

  • V = Volatility/Volatilità. Questo termine descrive la grandissima variabilità che caratterizza diversi tipi di fenomeni, anche di tipo economico, accelerata dall’incalzare della digitalizzazione, crisi economica e concorrenza globale. Tutti questi fattori rendono sempre più difficile poter effettuare previsioni attendibili.

  • U = Uncertainty/Incertezza. Non solo ci troviamo in un contesto sempre più complesso, ma le informazioni a cui possiamo accedere sono sempre di più varie, sempre più contraddittorie, ed è spesso impossibile risalire all’affidabilità delle fonti.

  • C = Complexity/Complessità. Viviamo in un modo interconnesso, in costante cambiamento. Comprenderlo senza gli strumenti adeguati conduce inevitabilmente all’errore.

  • A = Ambiguity/Ambiguità. Queste informazioni diversificate e contraddittorie si rivelano, infine, ambigue.

Vien da chiedersi come possa, un’azienda, destreggiarsi in un mondo così fluido, incerto, complesso e ambiguo. Prima di tutto, molte aziende stanno puntando su nuovi stili di leadership: i manager di nuova generazione sono più carismatici e democratici, coinvolgono maggiormente i propri collaboratori nelle decisioni importanti e puntano tutto sulla trasmissione di valori in cui immedesimarsi. Forniscono un punto di riferimento, trasmettendo certezza e apertura.

Altro aspetto da riconsiderare è l’organizzazione stessa: in Italia la stragrande maggioranza delle PMI presentano una struttura piramidale, con un “capo” che guida tutta l’azienda. Il fatto che questo schema sia normale, non significa che sia il migliore: in un mondo fluido e in rapido cambiamento, ci sarebbe bisogno di strutture più flessibili e verticali, in cui i collaboratori abbiano maggiore autonomia. Bisognerebbe puntare sulla digitalizzazione, e su paradigmi di lavoro come quelli dello Smartworking. In un contesto “conservatore” come il nostro risulta più facile a dirsi che a farsi, ma qualcosa inizia finalmente a muoversi.

Sintetizzando, ecco degli spunti di miglioramento:

  1. Responsabilizzare e coinvolgere di più il personale, rendendo le risorse sempre più autonome e orientate all’obiettivo.
  2. Implementazione del proprio network – le aziende “isole” difficilmente sopravvivono da sole.
  3. Processi aziendali più flessibili e snelli, con meno procedure realmente efficaci, con maggiore capacità di adattamento.

Il supporto di consulenti specializzati nelle nuove tecnologie, in Industria 4.0, in analisi del Capitale Umano, può farci fare questo salto di qualità.