In questi giorni sono risuonate ovunque le parole della stilista Elisabetta Franchi: durante un evento organizzato da Il Foglio, l’imprenditrice  ha affermato di preferire donne over 40 nei ruoli di responsabilità perché avrebbero, nella sua visione delle cose, superato tutti i “giri di boa” della vita di una donna – figli, matrimonio, divorzio.

 

Il vespaio che si è venuto a creare a queste sue affermazioni non si è placato con il passare dei giorni. La signora Franchi ha parlato di “strumentalizzazione” e di fraintendimento delle sue parole, sebbene si sia trattata di una intervista videoregistrata; l’imprenditrice ha ricordato sui suoi social che la sua azienda è quasi totalmente al femminile, e che il suo intervento voleva essere a difesa delle lavoratrici contro uno Stato assente.

 

Ma ormai la frittata è fatta: dura la presa di posizione di moltissimi imprenditori e imprenditrici, che hanno preso le distanze dalle sue idee sui vari social. Anche la nota opinionista Selvaggia Lucarelli si è scagliata contro di lei, consigliandole “di assumere velocemente un ufficio stampa personale che segua lei pure quando va in bagno, non il brand. Fosse pure una diciannovenne incinta di sei gemelli”.

 

E infatti la bufera non ha investito direttamente il marchio della Franchi, bensì la sua stessa fondatrice; ma che succede quando il tuo brand è strettamente associato al tuo nome, e ti ritrovi ad aver offeso esattamente il tuo target, come in questo caso? Al momento non è ancora possibile valutare eventuali conseguenze negative; di certo, la stilista non ha fatto un favore alla Brand Reputation della propria azienda.

 

Come già accennato in questo articolo, la reputazione aziendale è un concetto complesso perché dipende da tantissimi fattori: percezione e aspettative dei consumatori, trasmissione dei propri valori aziendali e aderenza a essi. Tutte queste variabili vengono influenzate dalla storia aziendale e dal modo in cui vengono gestite le pubbliche relazioni.

 

La Brand Reputation è quasi totalmente in mano ai consumatori: occorre tempo per migliorarla, ma basta una parola per farla crollare drasticamente. I fattori coinvolti sono, nello specifico:

 

  • La performance aziendale
  • La tipologia e qualità di prodotti e servizi offerti
  • I valori trasmessi dai leader dell’azienda e la loro governance
  • L’impegno sociale (beneficenza, ad esempio)
  • La cultura aziendale e l’ambiente lavorativo

 

Molte aziende puntano molto sull’impegno sociale, trascurando proprio la costruzione di un ambiente lavorativo sano per i propri dipendenti, probabilmente l’aspetto più significativo perché i consumatori si identificano molto più facilmente.

 

Nel caso specifico, la Franchi pare essere corsa ai ripari: secondo alcuni opinionisti, tra cui la stessa Lucarelli, sarebbero aumentate le sponsorizzazioni di abiti Elisabetta Franchi, spesso senza che le influencer coinvolte dichiarino apertamente di essere state contattate dall’ azienda – un modo poco etico di indurre i consumatori a credere che i prodotti vengano consigliati spontaneamente, perché di qualità. Se ciò fosse vero, non solo si tratterebbe di un tentativo goffo di porre rimedio, ma significherebbe che il brand teme ripercussioni sulle vendite.

 

A peggiorare la situazione una notizia delle ultime ore: l’azienda della signora Franchi avrebbe agito in maniera antisindacale contro le sue dipendenti, intervenendo con richiami disciplinari a seguito di alcuni scioperi. Presa singolarmente, questa notizia non avrebbe avuto lo stesso impatto, ma ora contribuisce a gettare una luce ancora più negativa sul marchio.

 

Insomma, sapremo solo col tempo quali conseguenze avrà questa bufera mediatica; di certo, il modo in cui gestiamo un’azienda e coordiniamo le nostro risorse incide tantissimo sulla nostra reputazione e sul modo in cui i consumatori ci vedono. E sulla loro volontà di acquistare i nostri prodotti.